lunedì 22 ottobre 2012

Arte ridimensionata

Mentre la realtà aumenta l’arte si ridimensiona.

Dopo la realtà virtuale ora va tanto di moda la realtà aumentata.
“Per realtà aumentata (in inglese augmented reality, abbreviato AR), o realtà mediata dall’elaboratore, si intende l’arricchimento della percezione sensoriale umana mediante informazioni, in genere manipolate e convogliate elettronicamente, che non sarebbero percepibili con i cinque sensi”.
L’ho vista utilizzata durante la presentazione della bella mostra delle Mistiche Nutelle che si è svolta a Villa Spada a settembre scorso.

Mentre la settimana scorsa con Luca Guenzi siamo andati, come facciamo da qualche anno a questa parte ad Art Verona. Si tratta di una fiera molto più piccola della nostra Arte Fiera, ma che per le sue dimensionni ridotte in termini di espositori e di spazio occupato è sempre stata per me molto godibile.



Quest’anno c’erano i soliti 2 padiglioni, ma la superficie espositiva era nettamente minore.
Meno gallerie, ma soprattutto, come ha notato subito Luca, opere molto più piccole.
Non ci sono più le grandi tele che implicavano enormi investimenti di denaro da parte dei collezionisti, ma piccoli quadri, spesso sistemati sulle pareti degli stand a gruppi. Anche le sculture sono più piccole. Ricordo anni fa alla Galleria Forni di Bologna che vidi per la prima volta delle sculture di cani ricoperte di carta di giornale, sono molto belle, ecco quest’anno dello stesso artista esponevano 2 bassotti.

Non entro delle dinamiche del mercato dell’arte degli ultimi 50 anni, dei grandi galleristi, delle aste, dei nomi roboanti degli artisti del mercato, solo ho percepito un’atmosfera molto diversa rispetto agli anni passati. Una maggiore disponibilità da parte dei galleristi a chiacchierare e scambiarsi opinioni. Ho visto anche molti musi lunghi di galleristi che passeggiavano annoiati tra le loro opere magnificienti, soprattutto nel padiglione dell’arte moderna.

Un mercato che per anni ha preso in giro il mondo, innalzando il prezzo di opere d’arte che spesso non ne valevano l’appellativo. Ovviamente questa è la mia opinione, le idee sono importanti ma possono essere anche utlizzate come come scusa per prendere in giro colossalmente, soprattutto quando, appunto, il valore aggiunto dato dal mercato è davvero eccessivo. Erano i mitici anni ‘80 e dintorni, periodi di vacche grasse insomma. Ora la musica sembra cambiare.



I segnali del camaimento ci sono.
Io penso che un'opera oltre ad avere del contenuto debba anche genearare un emozione in chi la guarda, deve insomma fare CLICK!
Ho visto le opere di un’artista che sembra essere noto ma che propone opere di denuncia sotto pseudonimo. Si chiama “Effetto Holtzman”, un’opera soprattutto “Artisti di Merda”, i famosi barattoli di Manzoni, rivisitati con sull’etichetta la dicitura: “Contenuto: Criticabile. Solo supporto tecnologico. Senza talento. Nel Maggio 2012”.
L’opera è presentata dalla galleria L’art industriel , delle persone in gamba ed estremamente disponibili.


Un’iniziativa estremamente interessante è INDEPENDENTS 3 Le nuove esperienze creative indipendenti, alla terza edizione
Un’intera sezione dedicata alle più interessanti realtà artistico-culturali sperimentali del panorama nazionale, che si muovono in maniera autonoma rispetto al sistema istituzionale. Ponendo l’attenzione su associazioni, fondazioni, collettivi e spazi no-profit italiani impegnati in percorsi autonomi di ricerca in ambito contemporaneo, spesso catalizzatori di nuove tendenze.
Abbiamo conosciuto: Interzona, Sponge, White fish tank, sodisuonare.

lunedì 15 ottobre 2012

Frutti dimenticati

Autunno, una bella stagione per passeggiare in mezzo alla natura.



Una bella domenica di inizio ottobre, il sole splende e la temperatura è straordinariamente mite.
Con le mie amiche decidiamo di andare a passeggiare in collina.
Andiamo vicino a Sasso Marconi, dove abita Lory. Passiamo a salutare suo padre che ha un pezzo di terreno che accudisce con la sapienza dei tempi passati. “Menzani” ha 90 anni ed è debole d’udito. Simpatico, allegro, pieno di vita e di sorrisi. Era così felice di averci lì con lui che ci ha donato quei meravigliosi fiori gialli dal gambo altissimo che si trovano sparsi in ogni fosso: i topinambur. Le radici sono molto buone da mangiare lessate.
Ci ha accolto in questo pezzo di terra recintato e “arredato”, sua moglie la chiama “la residenza” con tavolo di pietra, colorato di rosso, ombrellone, pezzi di lamiera utilizzati come cancelli, bidoni di metallo mezzo interrati e ormai completamenti arruginiti che dovevano fungere nel progetto architettonico dell’ambiente del sig. Menzani da “bagno”.
Sul tavolo rosso oltre a un bel mazzo di quei bei fiorni gialli, decoravano il piano 5 mele cotogne giallo/verdi bitorzolute e profumatissime.
"È una delle più antiche piante da frutto conosciute: era coltivato già 4.000 anni fa dai Babilonesi, tra i Greci era considerato frutto sacro ad Afrodite"
E anche qui c'entra la Dea Madre!
Non potevo credere ai miei occhi avevo trovato le mele cotogne per rifare la marmellata profumatissima e particolare che già avevo fatto l’anno scorso. Spettacolo.
Ho chiesto al Sig. Menzani se me le poteva donare e lui esclamando “MENZANI... VAI COL LISCIOOOO” con un uncino di legno mi ha abbassato i rami e con Barbara e Lory abbiamo raccolto una borsa intera di profumatissime e durissime mele cotogne.
Le mele cotogne fanno parte di quei frutti che ormai appartengono quasi ineluttabilmente al passato, per i quali ormai c’è posto solo sui banchi delle sagre dei frutti dimenticati. Dove si cerca di salvarli dall’estinzione e dalla sopraffazione dell’omologazione genetica.

Ricordo qualche anno fa che passeggiando sotto un albero in questa stagione avevo trovato dei frutti bellissimi verde acido, grinzosi come cervelli, profumati come limoni. Erano frutti di maclura.
Non si mangia ma ha un interessante aspetto ornamentale.

Mele cotogne dicevo... ho fatto una marmellata meravigliosa. Un po’ faticosa a dire il vero soprattutto per il fatto che avevo raccolto almeno 8 kg. di mele. Ma ho trovato una ricetta che alleggerisce il lavoro. Le mele cotogne infatti sono durissime da tagliare, ma se si bollono prima, poi diventa tutto più facile. Nella ricetta consigliavano di togliere anche la buccia ma io l’ho lasciata.

Ho fatto così:

Ho preso tutte le mele, le ho lavate e gli ho tolto la barbetta marroncina che hanno aiutandomi con una spazzola di quelle che si usano per lavare i piatti.
Poi le ho messe nella pentola più grande che ho. Le ho cotte 30 minuti, poi le ho tolte dall’acqua che non ho buttato via, mi è servita in seguito per rendere la marmellata meno densa. Le mele cotogne sono praticamente pectina allo stato puro.


Ecco ora è arrivato il passaggio più difficile. Le ho tutte tagliate, tolto il torsolo e i semi, controllando che non ci fossero dei vermicelli, e le ho passate nel passaverdure.
NON MI PASSAVA PIU’.
Ho girato il pomello del passaverdure per quasi 3 ore.
PFFF...

Ho ottenuto 6,5 kg. di polpa.
Rimesso il tutto nel pentolone, con il succo di 6 limoni e 2,5 kg di zucchero di canna, cotto altri 40 minuti. Bisogna mescolare spessissimo altrimenti sotto si attacca e si brucia.
A metà cottura ho tritato meglio la polpa con il frullatore a immersione.

Vasetti sterilizzati a 100° nel forno per 15/20 minuti, riempiti, chiusi e girati a testa in giù. Ora manca solo l’etichetta:
MENZANI VAI COL LISCIO


Sul formaggio di capra è una delizia.

martedì 10 luglio 2012

Genesi di una dea





Ci sono idee che quando arrivano DEVONO concretizzarsi.
Anche se sembrano difficili e lontane dal nostro quotidiano, e si pensa che la strada per realizzarle sia lunga e difficile, è lo stesso: bisogna fare.
Anzi la difficoltà di realizzazione è la sfida.

Bando di CONcorso inUTILE: inUTILE magnETICO, veniva richiesta un'opera che contenesse il concetto del magnetismo.
La mia idea è stata quella di raffigurare una dea madre, per porre l’attenzione sulla natura. Ancora una volta un tema a me molto caro. La Dea Madre oggetto di venerazione (=magnetismo?) dalla notte dei tempi.
Il mito della Dea Madre che rappresenta il trasformarsi e rigenerarsi della natura, il ciclo della vita, la forza generatrice della natura, la fecondita, la femmina, ciò da cui tutto nasce. Tanta roba insomma.
Raffigurata in tantissimi modi, simboli, forme, quella a cui mi sono ispirata è esattamente la Venere di Willendorf.

Il titolo:
MAGNA MATER MAGNETICA
Il ritorno alla natura.

Era inoltre mia intenzione mantenere comunque l’aspetto ironico a cui io e gli inUTILI teniamo molto, allora l’elemento magnetico dell’opera che volevo realizzare non poteva che essere uno.
La vagina.
Doveva essere magnetica.

Mi piace spaziare tra tecniche artistiche tra loro molto diverse, adoro dipingere, mi appassiona la fotografia, assemblare oggetti tra loro apparentemente incongruenti per dar loro nuovo significato nelle istallazioni che faccio.
Ma con la scultura non sono mai stata particolarmente in confidenza.

Allora come realizzarla?
Si poteva fare col polistirolo, ma io la volevo fare di carta pesta. Cercando con questa scelta di mantenere un minimo di atteggiamento eco-sostenibile, riducendo al massimo l’utilizzo di materie plastiche dallo smaltimento difficile per l’ambiente.

Su suggerimento della mia amica Laura Soprani, brava scenografa e artista, ho fatto così.






Sono partita da un piccolo modellino realizzato con il pongo.
Ho comprato 50 kg di argilla, ho preso un manichino, che Betta Reti aveva trovato trai bidoni del pattume, l’ho usato come base per le proporzioni e ho cominciato a stratificarci l’argilla fino a quando ho ottenuto i volumi che volevo.
Un materiale col quale avevo preso confidenza fin dai tempi dell’Accademia di Belle Arti di Bologna nel laboratorio di Plastica Ornamentale della mitica Carmen Silvestroni.





Una sera con Laura siamo passate allo stampo in gesso, ne avevo preso 25 kg. Molto divertente e molto imbrattante.
Quando sono tornata a casa avevo più gesso addosso io che il Parco dei Gessi e Calanchi dell’Abbadessa. Luogo sopra a casa mia che adoro!

Quando il gesso si è asciugato, in sei giovani virgulti inUTILI abbiamo cominciato a tirare per liberare le due metà che si erano incollate nell’argilla. Da sola non ce l’avrei mi fatta!





Et volià, avevo i 2 negativi della mia scultura, avevo lo stampo per poter ricreare all’infinito quella scultura.

Poi è stato il momento della carta pesta, ho mischiato diversi consigli tra loro e ho cominciato a stratificare con la carta da parati (da Luca Guenzi) velo su velo di carta assorbente (da Laura). ERRORE!

In quel periodo (aprile 2012) il tempo era estremamente umido, e il locale nel quale stavo realizzando la mia opera pure.
Risultato: NON SI ASCIUGAVA MAI!



Una mattina ho deciso che avrei portato i 2 stampi a casa mia e avrei terminato la scultura in un ambiente più secco.
Quindi traslocati stampi e arnesi, in breve tempo ho ottenuto 2 metà leggere che avrei saldato in seguito.




Ma un altro momento topico è stato la domenica pomeriggio in cui ho deciso che le 2 metà erano terminate e quindi potevano abbandonare lo stampo. Il retro è andata bene dopo 2 tentativi si è sgusciato agilmente.
Poi il fronte, con quelle 2 enormi tette da dea.
Alzo un po’ da una parte, un po’ dall’altra, tiro un po’ da una spalla, poi dall’altra. Con delicatezza: non potevo rischiare di rovinare tutto il lavoro fatto sino ad allora.
Non usciva.
Allora ci metto più forza, NIENTE.
Appoggio lo stampo e mi aiuto facendo leva con le gambe NIENTE!

Non mi restava che chiamare i miei supereroi preferiti, Luca e Luciano, che a forza di cucci e spintoni sono riusciti a estrarre quelle 2 enormi tette dallo stampo di gesso che aderiva come una seconda pelle.




Poi ho posizionato i magneti nella zona pubica, e ho riempito le 2 metà con del poliuretano espanso, io e le mie velleità eco-sostenibili volevamo utilizzare della carta o del materiale naturale, ma mi hanno convinto che sarebbe risultato un gran paciugo. Poi ho unito le 2 metà, finitura e piedistallo grazie a Rovatti Giovanni, un uomo dalle mani d’oro che si uniscono a una mente lucida e intelligente.



Una gran fatica durata un mese, ma che soddisfazione!

lunedì 28 maggio 2012

Si può dire di essere felici?


Me lo chiedo perchè venerdì 11 maggio scorso dopo un'intensa settimana di allestimento della mostra inUTILE magnETICO, arrivata a casa stanca ma soddisfatta di come erano andate le cose, del posto che avevamo trovato e della sempre meravigliosa esperienza inutile, su facebook ho pubblicato:
"COME SONO FELICE!"

Molti amici hanno cliccato Mi piace.
Si perchè quando una persona che ti sta simpatica è felice lo sei anche tu, per simpatia, appunto.
E io ero contenta.

Qualcuno in seguito mi ha detto:
"Mai dire di essere felici, porta sfiga!!!"
Si perchè dal 12 in poi sono successi: un'importante disguido organizzativo durante l'inaugurazione della mostra, l'agghiacciante attentato di Brindisi e le circa 200 (!) scosse di terremoto che rischiano di seppellire una parte del ferrarese.

Forse quel qualcuno ha ragione?
Dire di essere felici porta sfiga.

Allora forse è meglio che la prossima volta non lo dica.

venerdì 11 maggio 2012

E' tutto pronto!

Bene,
dopo 5 giorni fitti di duro lavoro l'esposizione è pronta.
Il Museo di Zoologia è occupato magneticamente dagli inUTILI.

Non potevamo sperare di meglio da questa mostra.
Un grazie speciale a Brunella a Gianfranco e a Lida.

La nostra mostra inUTILE magnETICO si colloca nell’ambito dell’evento:
Magnetic Fields – Campi Magn/eticiCampi magnetici / elettromagnetici: danno o risorsa per gli esseri viventi?
Organizzato da:
Brunella Del Re  (Dip. Biologia Evoluzionistica Sperim. - Università di Bologna)
Gianfranco Giorgi  (Dip. Biologia Evoluzionistica Sperim. – Università di Bologna)
Ferdinando Bersani  (Dip. Fisica – Università di Bologna)
Evento promosso da Istituto Studi Avanzati - Alma Mater Studiorum - Università di Bologna
12 - 27 maggio 2012.

Si tratta di uno dei 10 eventi scientifici più importanti a livello mondiale.
MOLTO INTERESSANTE!!!

"I Campi Magnetici sono oggi argomento di grande interesse per la ricerca scientifica e per la vita quotidiana. Il campo magnetico terrestre guida il viaggio degli uccelli migratori, il campo elettromagnetico indotto da apparecchi biomedicali guida il medico nella diagnosi, il campo elettromagnetico prodotto dal wireless guida il viaggio nella rete ridisegnando la relazione dell’uomo con lo spazio e il tempo. Il campo magnetico interagisce direttamente con la materia vivente tramite meccanismi cellulari ancora non del tutto noti. Di recente l’esposizione ai campi elettromagnetici di radiofrequenza è stata classificata dall’“International Agency for Research on Cancer (IARC)” come possibile cancerogeno per l’uomo (gruppo 2B).
Il Parlamento Europeo ha sollecitato gli stati membri a svolgere campagne di informazione. La divulgazione dei dati scientifici rischia spesso di scivolare nel sensazionalismo perdendo ”per strada” il contesto nel quale tali dati vanno interpretati.
Campi MagnEtici affronta tutti questi argomenti utilizzando diverse discipline e prospettive, in una serie di eventi rivolti alla cittadinanza che si svolgeranno a Bologna dall’11 al 29 Maggio 2012. Attraverso conferenze, tavole rotonde, performance e una mostra di opere artistiche, il progetto si articola in un excursus storico e in un inquadramento scientifico, con le sue implicazioni in ambito medico-biologico, ambientale, tecnologico. letterario e socio-pscologico."


Mancate solo Voi.
Vi aspettiamo!

mercoledì 9 maggio 2012

Ecologia magETICA e inUTILE

Oggi al museo: terzo giorno di allestimento.

Stato dei lavori in corso: ottimo.


La location a sorpresa ci sta piacendo un sacco e con la passione e la fatica (che non ci fa paura), stiamo arrivando alla nostra meta del momento, con una carica sempre maggiore.
Da programma avremmo dovuto allestire le nostre opere tra una teca e l'altra piena di animali impagliati e serpi in barattolo, al piano terra e al primo piano del Museo di Zoologia.

Avremmo dovuto allestire la mostra con grandi sforzi sia economici che di impegno.
Utilizzando risorse per acquistare materiali che poi a fine mostra non sarebbe serviti più a niente.
Per un'associazione culturale come siamo noi, "La Bottega degli inUTILI, non è facile avere disponibilità economiche. Ci autofinanziamo, e nessuno di noi è particolarmente agiato. 

Lunedì mattina avevamo già assegnato le posizioni di allestimento delle opere nei 2 piani del museo, già organizzati chi andava a prendere i montanti di legno, chi era pronto per andare dal fabbro, chi per cercare luci, tavolini, pannelli, tessuti. Praticamente una macchina da guerra.

Poi lunedì pomeriggio: SORPRESA!
Abbiamo scoperto un'ala abbandonata del museo, nella quale giacevano da decenni scrivanie, vetrini, scatoloni, foto di famigliari, mouse e monitor qua e là, vecchi calcolatori di pesantezze inimmaginabili e polvere, polvere, polvere pesantemente appoggiata su tutto. Tutto lasciato lì come abbandonato dopo una bomba o un terremoto.
Enzo ha visto subito le potenzialità del posto, avreste dovuto vedere la mia faccia quando ho visto il posto, Manu è molto brava ad imitarla. Luca ha chiesto ai nostri referenti, Brunella e Gianfranco organizzatori del progetto Campi Magnetici, promosso dall'Università di Bologna, che si sono subito attivati.
Che fortuna ragazzi: il direttore del museo ci ha dato il consenso.


E' ripartita la macchina da guerra, come delle brave formichine, abbiamo cominciato a spostare mobili, a spazzare rimasugli di qualsiasi cosa, e a SPAZZARE.
Errore!!!
Dopo 10 minuti sembrava di essere nel Sahara durante una tempesta di sabbia.
Ma finalmente dai monti è scesa Laura con bidone aspiratutto, spazzole raccogli polvere di almeno 4 tipi, macchina lavapavimenti, detersivi, stracci, sapone e asciugamano!
Betta, Liviana, Lory e Salvatore, armati di mascherina, si sono messi a stanare ogni piccolo granello di polvere dal pavimento, SOLO DAL PAVIMENTO: è una scelta stilistica degli inUTILI.

Ieri pomeriggio alle 17 era tutto in ordine, polvere sparita, zavagli rimossi e parecchie opere appese.
Lo sgombero era iniziato 7 ore prima. Lo spazio credo sia 1000 metri quadrati. Non esagero!

Oggi pomeriggio, di nuovo lavoro duro.
Tutti a correre avanti indietro a passo sostenuto. Tutti ad attaccare scocht, pistole a caldo sparavano fiotti di colla qua e là, martelli picchiettavano, pennelli intrisi di nero o turchese, tapparelle ribelli, soluzioni dell'ultima ora da trovare, appendere lo stendardo inUTILE fuori dal Museo, e luce da portare.
Sì perchè, lì in quella ala dismessa la CORRENTE ELETTRICA NON C'E'.
Un problemino da niente, visto che alla mostra le opere si dovranno vedere.
Avevamo anche pensato di procurarci delle torce a dinamo (troppo magnetiche!) da distribuire ai visitatori.
Ma riusciremo a ovviare al problema. Super Luca si sta già attrezzando con 100 mt di cavo, 50 tra spine e prese. Gli elettricisti poi faranno il resto.
Tutte quelle prolunghe (che stasera io, Luca e Gianna abbiamo fatto: 11 prolunghe, ho le unghie a pezzi, per risparmiare) e tutti quei fari, saranno una nuova risorsa materiale dell'associazione.

Luca Guenzi è un grande!
Gli inUTILI sono grandi, troppo GRANDI!

venerdì 23 marzo 2012

Fascino fatiscente

Una settimana a Ischia a inizio marzo è la condizione più adatta per rendersi conto di una località in maniera sicuramente più obiettiva rispetto a una vacanza in piena stagione. Quando tutto è tirato a lustro, ogni balcone ha i suoi fiorellini e le ringhiere sulla spiaggia sono quasi tutte verniciate di fresco.
A marzo non è così.
Moltissimi alberghi sono chiusi. Tutti gli stabilimenti balneari (logicamente) pure.
Qua e là muratori indaffarati, commercianti lenti e ingrigiti dall’inverno, cominciano, con calma, a sistemare, spolverare, riverniciare, reintonacare.
Li aspetta una nuova stagione, che sarò sicuramente florida di turisti a caccia di ristoro, piacere, sollazzo e souvenir.
In alcuni negozi che hanno appena aperto, la merce ha addosso ancora la polvere, dell’ultimo vento dello scorso ottobre.
La natura fa il suo corso e nei pendii tra un pneumatico abbandonato e una bella sportina del rusco, dove dentro non c’è niente che si possa decomporre in una solo secolo, ci sono già bellissimi fiorellini gialli. I fichi d’India troneggiano in ogni dove ancora senza frutti, in qualche parte riparata le bouganville sono già sbocciate, ne ho vista una a Procida, a Corricella, in un bel borgo di pescatori arrampicarsi su una pergola con i suoi fiori purpurei.

Prima passeggiata in spiaggia, primo giorno, 2 passi verso gli scogli per rendermi conto che quelle che stavo con fatica schivando col piede erano cacche di cane. A quel punto ho pensato che forse i cani della zona fossero così ben educati da avere un luogo convenzionale per cagare... Ho pensato: “Davvero dei cani beneducati”.
Tutti lì vanno... e certo loro, si sa, non hanno la cultura per raccogliere i propri escrementi e collocarli in un sacchettino da mettere poi in un apposito cestino dei rifiuti.

Lasciamo stare quello che si trova in questa stagione sulle spiagge, su tutte le spiagge che ho visitato, anche altrove come a Piscinas in Sardegna, 7 anni fa, quando rimasi allibita dalla quantità e soprattutto dalla varietà di materiale di scarto che vi trovai. Resti di una civiltà consumista e annoiata, che mentre guarda la Luna si getta non curante, alle spalle, una bella bottiglia di plastica nel mare. Lo so è un discorso ormai banale, questo dei rifiuti in mare, ma se è banale, vorrebbe dire che è obsoleto, superato... ma non pare sia così.

In generale l’Isola e gli isolani sono accoglienti, loquaci e disponibili, a volte un po’ ruvidi, sicuramente ironici. E rimane sempre quel sottofondo di indolenza.
Ecco che di fronte a richieste alle quali non sono in grado di far fronte, perchè appena un po’ più impegnative allargano le braccia e ti dicono: “E vabbuò, signò”.
Ma va bene così. La diversità è sacrosanta e ci saranno tutte le ragioni socio-cultural-storiche che hanno portato a questo.

Ma ci sono cose che invece NON vanno bene così.
Il fatiscente.
Il fatiscente è un vero peccato. Certi luoghi che sono delle meraviglie della natura e che hanno delle potenzialità enormi, versano in condizioni disastrose.
Sono andata a Cavascura, vi si accede partendo dalla meravigliosa Sant’Angelo (tutto chiuso, a parte “Dolce è la vita” un bel locale, nuovo, in cui c’è tutto a norma, compreso un elevatore per portatori di handicap, lui, Aldo, è veneto, ha sposato una del posto che aveva una vecchia locanda sul mare.
Quindi partendo da Sant’Angelo, a piedi dalla spiaggia di Maronti o da ripidi sentieri interni, si arriva in questo canyon naturale e si cammina verso l’interno, tra queste due sinuose alte pareti di roccia friabile, stratificata erosa nella notte dei tempi dall’acqua. Ci si addentra tra uccellini che cinguettano, lontani dal rumore e dalla puzza delle auto e dei motorini che a Ischia sono davvero “impertinenti”. Si cammina seguendo il corso di un piccolo e fangoso rigagnolo, scivando rifiuti e schifezze di ogni genere. Uffa. Un posto naturalmente meraviglioso reso fatiscente dalla mano dell’uomo. Tenerle in tasca mai?

Giunti davanti alle antiche terme romane di Cavascura, dove l’acqua sgorga a 90 gradi, un cancello chiuso ci fa capire che siamo assolutamente fuori stagione. Ma su indicazione di un solitario avventore, troviamo il modo per raggirare il cancello e ci troviamo all’interno in un dedalo di muretti azzurri in pieno contrasto col verde marcio dell’acqua stagnante nelle vasche, ci sono delle specie di carvernette di cemento con relativa vasca ognuna ha una targhetta di ceramica che dice “vasca di Tiberio” oppure di Nerone oppure di Cesare.
Le vasche sono piene di bottiglie di plastica. PERCHE’?
Addentrandoci ulteriormente ci rendiamo conto che non siamo sole, alcuni ragazzi sono lì e stanno facendo il bagno, o la sauna, ci invitano a fare altrettanto, ma noi non siamo attrezzate. C’è umido e caldo in quel posto, l’aria intorno è tutta così.
In fondo l’acqua è di tutti e questi ragazzi non fanno male a sfruttare una risorsa che in questa stagione viene chiusa per indolenza della gestione. Bene che non abbiano costruito un mega albergo in quel posto e che abbiano conservato quell’aspetto così selvaggio e primitivo.
Ma perchè ci sono le bottiglie di plastica buttate in ogni dove? PERCHE’?

Perchè l’uomo non può usufruire di ciò che di bello gli arriva dalla bellezza del mondo senza riempirlo di bottiglie di plastica?

Una gita a Procida, mi fa poi riflettere sul perchè un’isola che, a parte Ischia fortunata per le sorgenti termali, si trova nel Golfo di Napoli tanto quanto Capri, sia invece una raccolta di ruderi e palazzi abbandonati, dove casomai le tapparelle di un palazzo ben visibile dalla costa si sono ormai violentemente sgretolate.
Notevole l’Ex Carcere, completamente abbandonato e in disuso da 1988, un bell’esempio di archeologia militare. Girandoci intorno e vedendolo dal Borgo di Corriccella è impressionante per la vastità e per l’abbandono nel quale è lasciato.
Vera “fatiscenza”.
Un vero peccato.

Allo stesso modo per strada si trovano angoli di vero degrado. Ma è così perchè, come mi ha detto una persona di Ischia, è il carattere degli abitanti di Procida, oppure perchè la presenza del carcere ha fortemente penalizzato lo sviluppo turistico del luogo?

Degno di nota il ristorante “Fammi Vento” sul porto, ho mangiato 3 (di numero) gamberoni alla griglia veramente eccezionali, sia per il sapore che per la freschezza.
Ancora a Borgo Corriccella alla Locanda il Postino, splendida posizione, non ho mangiato ma ispirava, eppoi l’oste è davvero gentile e accogliente.

Ma quante bottiglie di plastica ovunque, troppe.
Troppe!

sabato 25 febbraio 2012

Autenticità e potenza

5 giorni di febbraio passati nella nostra bella Sardegna, dove ti dicono che, solo se sei consapevole di essere in un continente, puoi capire l’essenza della terra che pesti quando sei là.

Erano gli ultimi giorni del carnevale, festa che oltre ad essere estremamente sentita conserva in sé antiche tradizioni che si tramandano da tempi medioevali o addirittura precedenti. Ci sono almeno 20 paesi che celebrano il carnevale secondo usanze tra loro molto diverse.
Con altri amici inUTILI, grazie a Stefan Moritz, abbiamo partecipato a quello di Bosa.

Il paese che si trova sulle rive del fiume Temo, 2 km dal mare, ha un centro storico con alti antichi palazzi e stretti vicoli, strade di ciotoli.
Dalla sponda del fiume, dalla parte del centro storico, si vede un bell’esempio di archeologia industriale, sono le vecchie concerie, costruite nella prima metà dell’Ottocento lontano dal centro abitato per via dei cattivi odori prodotti durante le fasi di lavorazione delle pelli, ma abbastanza vicino al fiume per l’approvvigionamento idrico e per essere facilmente raggiungibili dagli operai.

Le persone sono cordiali e allegre, già dal sabato sera, il “nostro” carnevale è iniziato alla grande. Tra i vicoli e il corso principale persone di tutte le età (pochissimi turisti) vestite con costumi tra i più disparati, passeggiavano allegramente scherzando tra loro e con noi. Noi non eravamo da meno con parrucche e abiti realizzati il pomeriggio con sacchi dell’immondizia neri, puntatrice, carta crespa, tulle e pluriball ci siamo assolutamente amalgamati a quella meravigliosa situazione.

Nei vicoli oltre a qualche gruppo che suonava, tutti avevano una grande voglia di divertirsi e di condividere: gli abitanti aprono per quella sera le loro cantine, offrendo ciò che hanno di buono della loro terra. Primo tra tutti il vino rosso, di solito un misto di cannonau, sangiovese e cabernet sauvignon, poi purceddu, bottarga, pentoloni fumanti in cui galleggiavano piedini di maiale e varie frattaglie, ricotta, salsicce, salumi e le irrinunciabili fave.
Durante quella notte vengono così abbattute le differenze sociali e le cantine dei ricchi sono aperte ai poveri e viceversa.
Un grande clima di festa che è durato per tutta la notte.

Il prezioso vitigno prodotto nella zona è il Malvasia. Ci sono dei viticoltori che lo esportano in tutto il mondo.
Ho conosciuto una persona di grande passione: Emidio Oggianu un ex ferroviere con una chicca di vigna che cura con rara passione. Là le viti vengono tenute molto basse, per evitare che il Maestrale le peli completamente. Lui ogni anno opera quella selezione dei grappoli sulle viti, lasciandone al massimo 3/4 per vite, che gli permette di ottenere una Malvasia, intensa, profumata dal sapore di mandorle che ho avuto il piacere di assaporare grazie alla sua gentilezza.
“Alla fine io sono solo un capo stazione in pensione - ci dice Oggianu - non sono né un viticoltore di professione, tanto meno un enologo, ma penso che un vino unico come la Malvasia di Bosa abbia bisogno di tutte le cure possibili per evitare che un patrimonio enologico di questa entità rischi l’estinzione.” Ed è grazie a questa sua convinzione che nel 2006 ha ricevuto i Tre Bicchieri della Guida Vini d’Italia del Gambero Rosso.

Ho conosciuto Vanna Mazzon, grande promotrice dell’Azienda Columbu che ci ha accolti nella sua cantina facendoci assaggiare una Malvasia ossidata davvero particolare, donna potente, di grande dote oratoria, piena di passioni che ama condividere.

Zarelli ci ha fatto degustare tutta la sua produzione, da una Malvasia frizzante a un vino, l’Inachis, che ha vinto un premio come migliore vino da pesce nel 2011. A me è piaciuto molto!

Domenica 19 febbraio siamo stati a Mamoiada, si trova nel cuore della Barbagia di Ollolai. Il territorio è ricco di sorgenti naturali, corsi d’acqua, terreni a pascolo e a colture, siamo in mezzo alle montagne più antiche d’Europa. Lì si svolge, sembra sin da epoca nuragica, il carnevale dei Mamuthones, che potenza ragazzi. Grande autenticità, grande pathos.
Abbiamo anche assistito alla solenne vestizione di Mario, pastore barbaricino, che ci ha servito un pranzo rigorosamente di pecora, leccornie per stomaci forti.
Mario munge il suo gregge 2 volte al giorno, ogni volta ci mette 1 ora e mezza!

Parlando con una persona che ha collaborato con ricercatori antropologi, sembra che in epoca antica gli abitanti della zona avessero catturato dei saraceni e che li avessero poi portati in processione in paese facendoli vestire da bestie, indossando i loro vestiti.
20/30 uomini vestiti con grandi gilet di pecora nera, pesanti campanacci sulla schiena, maschera e fazzoletto neri, passano in parata dividendosi in 2 file nella strada principale del paese facendo una danza con una serie di passi cadenzati, accompagnati dagli Issohadores: casacca rossa pantalone bianco, maschera bianca e scialle in vita, hanno delle funi con le quali catturano simbolicamente le donne che passano.

Una capatina anche a Torre Foghe, dove c’è un panorama mozzafiato, dall’alta scogliera un mare tumultuoso ci faceva sentire il rumore delle sue acque agitate. Il vento forte e nubi plumbee all’orizzonte dalle quali filtravano i raggi del sole sembravano tagliati con la forbice.

Il momento clou del carnevale di Bosa è il martedì grasso.
“Il “martedì grasso” rappresenta il culmine dei festeggiamenti. S’inizia la mattina con il lamento funebre de S’Attittidu. Le maschere indossano il costume tradizionale per il lutto: gonna lunga, corsetto e ampio scialle nero; ogni maschera porta in braccio una bambola di stracci o qualcosa di simile che spesso ha un riferimento al sesso.
Le maschere, con voce in falsetto, emettono un continuo lamento, S’Attittidu appunto, e chiedono unu Tikkirigheddu de latte per ristorare il bambino che è stato abbandonato dalla madre dedita ai bagordi del Carnevale. La notte del martedì tutti indossano la maschera tradizionale bianca (solitamente un lenzuolo per mantello e una federa per cappuccio), per cercare il Giolzi Moro.
Il Giolzi era ed è la caccia al Carnevale che fugge e si nasconde nel sesso; I Giolzi cercano Giolzi illuminando con un lampioncino la parte puberale delle persone che incontrano gridando: Giolzi! Giolzi! Ciappadu! Ciappadu! (l’ho preso). La festa si conclude con i roghi che bruciano enormi pupazzi nelle vie e nelle piazze del centro della città.”
Ragazzi: sono morta dal ridere!
A parte l’impatto iniziale che mi ha imbrazzato molto, gruppi di persone vestite di nero ti chiedono il latte dal tuo seno, si piegano all’altezza del tuo pube proclamando filastrocche incomprensibili, hanno bambolotti, pupazzi, simboli fallici di ogni genere coi quali simulano orge e urlano.
E’ stato davvero esilarante, una folla in puro, sano, delirio collettivo.

Sembra che questi riti abbiano riferimenti riti dionisiaci, decisamente sessuali.

Tra i ristoranti dove siamo stati, “Sa Pischedda” è stato per me il migliore. Ottimo servizio, ottimi piatti in un ambiente raffinato recentemente ristrutturato. Antonello, il proprietario è una persona molto cordiale.

Che dire:
EVVIVA LA SARDEGNA!

venerdì 10 febbraio 2012

Grafica domestica


Fin da piccola mi dilettavo con stoffe, colori per tessuti, macchina da cucire.
Devo dire che rispetto al taglio&cucito, mia mamma, gran manico (gran donna), mi ha molto stimolato.
Quando avevo 13 anni, mi disse che era ora che se avevo voglia di qualche vestito nuovo, mentre fino ad allora me li faceva lei, potevo cominciare a farmeli da sola. La mia testardaggine (per la mia mica Emanuela Pepe) mi ha consentito di "fabbricarmi" così il mio primo capo di abbigliamento hand made by Silla.
Si trattava di un paio di short di color beige. E su questo colore la mia amica Angela (la sorella di Manu) si starà facendo una grassa risata.

Bene dopo un paio di giorni di intenso lavoro, credo (non ricordo bene) indossai i miei braghetti. Ovviamente la soddisfazione era somma. Da allora per anni mi sono cucita veramente di tutto: camice, pantaloni, giacche, gonne, cappotti, tutine e abiti piuttosto improbabili. Eravamo nei mitici e sfavillanti anni '80. Le spalline erano sempre tra i primi materiali che acquistavo alla merceria sotto casa, le dimensioni erano davvero assurde! Guardavo in questi giorni un servizio sulla moda di quegli anni e tra i maggiori responsabili di quelle spalle sproporzionate vi era Giorgio Armani. Spalline che sono tra l'altro l'ultima proposta delle sfilate di questi giorni, nell’ottica di un ritorno dello stile di quegli anni. Personalmente non sentivo la mancanza di quel look.

Dopo questa intro vi vorrei raccontare cos'ho fatto nei giorni scorsi di reclusione forzata causa neve.

Da qualche anno a questa parte, per ovvie ragioni di decrescita più o meno felice, rifletto sulle nostre abitudini consumistiche. Nel nostro quotidiano dietro quasi a ogni nostro gesto, si cela una scelta consumistica che ha un impatto sull’ambiente. Riflettere sui nostri comportamenti e cercare di modificarli in questa direzione credo sia l’unica via futura.
Personalmente ho ridotto notevolmente nella mia economia domestica l’utilizzo di prodotti usa e getta. Non riesco con tutto, non è facile disabituarsi alle comodità che il consumismo ci permette.
In quest’ottica non uso più i tovaglioli di carta. Uso sempre i vecchi tovaglioli di tessuto. Ma così facendo vengono usati una volta e poi messi nel cesto della biancheria sporca. Ne servono tanti!

Ho preso dei vecchi tessuti, tra cui un pezzo di stoffa bianca di canapa che era stato probabilmente in passato un lenzuolo. Sono tessuti meravigliosi, grezzi, freschi e ruvidi, poi ho preso altri pezzi di stoffa che tengo (ne ho un cassetto pieno). Gli ho fatto l’orlo con la mia vecchia singer, che guarda caso mi ha regalato la mia mamma.
A quel punto avevo una serie di pezzi di stoffa orlati di stoffe “malassorite”. Volevo dargli un senso comune, visto che mi occupo di grafica ho pensato di decorarli con un colore permanente per tessuti, a Bologna si può trovare un vasto assortimento di colori (di tutti i tipi per le belle arti) da Sebino.
Avrei voluto un colore più materico, più coprente, ma per ottenerlo ci vuole la serigrafia... e io volevo farli con le mie mani (un retaggio delle mie origini pseudo-ferraresi).
Ho stampato con la font Adobe Garamond Pro bold, a 250 pt. su dei cartoncini i numeri da 1 a 9.
Poi il cutter per fare delle mascherine, poi pennello, ferro da stiro per fissare e via.
Ora ho 9 bei tovaglioli numerati per i miei amici ospiti.
Fatto!

lunedì 9 gennaio 2012

Scoperte musicali

Sono contenta perchè da tempo non trovavo musica che mi entusiasmasse.
Di recente ho scoperto tramite l'ascolto della radio 2 novità (per me) musicali che mi hanno convinto all'acquisto.
Una è stato lo scorso anno, ascoltando la trasmissione Itunes condotta su Rai Radio 2 da Alessio Bertallot, va in onda tutte le sere dalle 22,30 e la trovo molto interessante, ve la consiglio.
Stavo tornando a casa in macchina sui viali di Bologna, è iniziato un pezzo di cui poi sono riuscita a recuperare il titolo tramite la grande rete. Si trattava di To Pluto's Moon di My Brightest Diamond.
Ragazzi che bel pezzo.
Ho alzato la musica a palla e mi si acceso un sorriso che è durato fino a casa. Non ho potuto non acquistare l'album.
"To Pluto’s Moon, altro capolavoro personale, mescola un arpeggio celtico all’orchestrazione molle, viscosa, noir del metro “portishediano”, con una splendida melodia d’archi e un ritornello che mette i brividi."
Appena ho saputo che quest'anno è uscito quello nuovo, e vai: ho preso pure quello.
Lo consiglio!











La domenica mattina alle 11 e 30 ascolto con grande attenzione A3 su Rai Radio 3, una bella trasmissione sull'arte. Ieri c'era un'intervista a Giuseppe Penone (Giuseppe Penone (Garessio, 3 aprile 1947) è un artista e scultore italiano, esponente della corrente dell'arte povera...) che mi sono persa lo ascolterò in podcast.
Qualche domenica fa hanno proposto un brano di Niels Petter Molvaer, trombettista norvegese.
"Un talento della sperimentazione, delle contaminazioni fra jazz, trip hop, elettronica. In una parola, un grande interprete del nu jazz, sempre all'inseguimento della leggenda di Miles Davis".